giovedì 19 aprile 2012


            UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI                   OASI SAN MARTINO     AZIONE CATTOLICA ITALIANA                                                                              
                               ALDO MORO                                                                    ARCIDIOCESI di BARI-BITONTO            
           FACOLTA’ DI GIURISPRUDENZA
 DIPARTIMENTO GIURIDICO DELLE  ISTITUZIONI,
                 AMMINISTRAZIONE E LIBERTA’                                                                                                                                                         
                             
                                       




DIALOGO CON L’AUTORE




PIERANGELO SEQUERI

                 
             
              CONTRO GLI IDOLI POST-MODERNI
   

     


VENERDI 4 maggio 2012 – ore 17,30



Aula  delle Lauree “ Gaetano Contento ”
Piazza Cesare Battisti
Primo Piano


Saluto :
Prof. Raffaele Coppola

Direttore Dipartimento Giuridico delle Istituzioni,Amministrazione e Libertà  

Conclusioni :

Prof. Gaetano Piepoli

Ordinario di Diritto Privato nella Facoltà di Giurisprudenza di Bari

sabato 28 gennaio 2012





AZIONE CATTOLICA ITALIANA                OASI SAN MARTINO

17-18 febbraio 2012
Seminario di studio sul tema:

Condividere progetti di vita buona
Trasmettere un vangelo di libertà



Venerdì 17 febbraio 2012, ore 17.00-20.00
Relazione di don Armando Matteo, docente di Teologia fondamentale:
Oltre la crisi: il tempo dell’impegno

Sabato 18 febbraio 2012, ore 17.00-20.00
Tavola rotonda: “Siate folli, siate dei”: saper leggere i segni del tempo
Intervengono don Vito Piccinonna, assistente nazionale Giovani   A.C.
                      prof. Franca Papa, docente di  Filosofia politica  alla Facoltà
                      di  Scienze politiche-Università degli studi  “Aldo Moro” – Bari
Modera          Mina Zaccaro, vicepresidente diocesana Settore Giovani A.C.


Gli incontri si terranno presso l’OASI SAN MARTINO, via Camillo Rosalba 60/a – 70124 Bari – tel. 0805610590 – e-mail: info@oasisanmartino.bari.it
Per  raggiungere l’Oasi consultare il sito www.oasisanmartino.bari.it
 
don Armando Matteo (Catanzaro 1970) è sacerdote dal 1997. Ha conseguito la laurea in filosofia
presso l'Università del Sacro Cuore di Milano e il dottorato in teologia presso la Pontificia
Università Gregoriana in Roma. Dal 2005 al 2011 ha ricoperto l'incarico di assistente ecclesiastico nazionale della FUCI. Insegna teologia fondamentale presso la Pontificia Università Urbaniana in Roma. Tra i suoi scritti più recenti: La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede (2010); Nel nome del Dio sconosciuto. La provocazione di Gesù a credenti e non credenti(2011).    

Franca Papa  (Bari 1947)  è laureata in filosofia e attualmente è professore ordinario di filosofia politica e incaricato di scienza politica presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università “Aldo Moro “ di Bari.
Ha partecipato come responsabile a diversi progetti di ricerca d’interesse nazionale sull’Europa e l’integrazione europea e dal 2004 è direttore de percorso formativo Donne politica istituzioni.
Attualmente coordina il dottorato di ricerca in Filosofie e teorie sociali contemporanee.
Tra i suoi libri:Legami perduti. Effetti collaterali della civiltà modernaLe storie dei re. Icone della sovranità nel teatro di W. Shakespeare; Storie della cucina pugliese.






martedì 24 gennaio 2012

Ritorno al futuro.

E' da stamattina che leggo cose che mi lasciano senza parole: il voto di laurea non conta più.
Ai concorsi conta la performance.
Il tanto amato, sudato,blasonato 110 dieci e lode pari al 100 della maturità.
Un voto inutile e spesso  contraffatto che non dice niente se non che l'esame è tutta una questione di culo, fortuna, destino, coincidenze chiamatele come volete.
Da ora in poi sembra che a dettar legge e a determinare le sorti lavorative saranno le classifiche delle università.
Saranno stabiliti nuovi parametri di valutazione per quanto concerne il voto di laurea in relazione all'ateneo di provenienza.
Perciò, niente di più facile che se ti laurei al sud, con tutto quel nepotismo, quello schifo e quegli imbrogli, capace  che gli esami e le lezioni siano una barzelletta e con tutta probabilità  il 110 te l'abbiano regalato perchè tua madre era compagna di corso del professore a cui, guarda caso hai chiesto la tesi di laurea.
O perchè i tuoi genitori sono avvocati e si sa ,in quegli ambienti lì ci si conosce tutti.Specie se studi anche tu Giurisprudenza, vedi un po', a Bari, dove ogni 20 metri c'è una targa di studio legale, che combinazione.
C'è chi leggendo questo post ed essendo arrivato fin qui lo intitolerebbe:Encomio delle università del Meridione.
Lungi da me tessere un elogio di un sistema,di un'università che in quanto a  strutture e prospettive , sono la prima a definire carente.
La discriminazione tra atenei non mi spaventa, c'è da sempre e da un lato  un monito a migliorare  non fa mai male.
Dall'altro la discriminazione tra  studenti mi terrorizza.Giustamente fanculo quella chiacchiera dell'eguaglianza sostanziale.
,Messina e Bocconi, Cattolica e Bari, Trento e Foggia.
Nord e Sud.
Divisi ancora un volta dalla polenta e dal panettone, dalla pizza e dalla piadina, dal lei e dal voi,dalla nebbia e dal sole.
Adesso persino  dall'università.
Studenti che si svegliano alle 7  per ripetere prima di un esame, che escono con gli occhiali appannati ,  i capelli in disordine e le occhiaie della notte prima.
Studenti felici dopo un bel voto o incazzati per non aver fatto il massimo, studenti che corrono al bar più vicino per raccontarlo all'amica che li aspetta da un'ora,che chiamano i genitori o gli amici per sfogarsi un po', o che corrono a casa a studiare perchè tra una settimana c'è ne già un'altro.
Penso che questo accada ovunque in ogni parte d'Italia.
Che ci siano sogni in ogni ateneo, menti brillanti in ogni regione, in ogni città e in ogni paese.
Ricordo i miei anni a scuola e ripenso a tutti i miei professori di lettere, a ciò che dicevano a mia madre ai colloqui.
Estremamente competitiva e brillante , muore dalla voglia di ostentare cultura e intelligenza, di sbattere in faccia a tutti che lei sa sempre qualcosa in più ,che è sempre un gradino più in alto.
Non è esattamente una bella cosa.
Con il tempo ho capito che si spreca molta energia.
E oggi ne  ho la conferma, alla fine non serve proprio a niente.
Ma non è una ragione valida per smettere di studiare, di apprendere, di essere curiosi di voler capire come funziona questo mondo che gira al contrario.
Lo studio è una scelta libera, una pillola contro l'ignoranza che si prende anche a stomaco pieno,perchè tanto non esistono controindicazioni.
Da adesso pare che esista anche il foglietto illustrativo, il  bugiardino che ci indica dove studiare per trovare lavoro,ma che si dimentica di dirci  come fare per far quadrare il bilancio familiare.
Spero che tutto questo sia solo una bufala, che questo sia solo l'ennesimo tentativo di screditare il governo, che si tratti solo di un brutto sogno, o  il malinteso di un giornalista che ha capito fischi per fiaschi.
Lo spero con tutto il cuore, almeno stanotte voglio dormire sonni tranquilli.

sabato 7 gennaio 2012

Laterza , l'ultima libreria.

navata



BARI-La libreria Laterza si fa piccola piccola per fare spazio a Prada.
C'è la crisi , la gente non compra più i libri ma accende mutui per comprarsi una borsa,una sciarpa o un cappotto.
Se fosse in vita, Gogol non si meraviglierebbe.
Più i tempi sono duri, più si ama ostentare, sbattere in faccia che la crisi,i licenziamenti e tutta quella roba triste del giovedì sera in tv, riguarda SOLTANTO i poveri.
Un libro.e PERCHè MAI?
Ci sono gli e-book.
.Tra tutte le cose belle della tecnologia questi non riesco proprio a digerirli.
Come può un aggeggio di questi competere con l'odore di una copertina appena stampata,con le risme di carta  lisce e taglienti?
I nostri occhi  si avventurano in luoghi e foreste disegnati dall'inchiostro e animati dalla nostra immaginazione,scorrono lenti e affamati su quelle   pagine guidati dalle nostre dita .
Cose che voi che non leggete non potete nemmeno immaginare..
Le carezze, la compagnia e il calore di un libro  in un buio pomeriggio invernale, dopo una mattinata estenuante al lavoro o all'università.
Il brivido della svolta e del colpo di scena,la stima di un personaggio,la malinconia dell'ultima pagina.


L'affannosa  ricerca tra gli scaffali , l'esultanza quando ci si trova di fronte all'ultimo pezzo.
Il silenzio, i colori, la pace e la quiete che si respirano tra quelle mura


Laterza, l'ultima vera  libreria di Bari.
Questo posto ha una storia, una fama, una rilevanza non indifferente.
In un certo senso ha nobilitato la nostra città sul piano della cultura e dell'editoria.
Aperta da Giovanni Laterza nel 1896, è una delle più antiche d'Italia.
Tra i suoi scaffali sono passate molte personalità di spicco, da Pasolini a CarMELO Bene,da Dario Fo ad Azeglio Ciampi, fino all'attuale presidente Giorgio Napolitano.
Da quando Feltrinelli si è trasformata in un supermarket di libri con tanto di -mangiatoia- punto ristoro,Laterza rimane , ancora per poco,l'unica libreria degna di questo nome.
La cultura si inchina alla moda, al commercio,all'ostentazione di un lusso che non esiste se non negli armadi.
Per la gioia delle ragazzine stregate da Gossip Girl e Sex & City,che finalmente  potranno sognare ad occhi aperti e cervello fuso,gustando litri e litri di  surrogato di caffè Starbucks  sul divano in attesa della prossima stagione di saldi a Zara e H&M.

venerdì 6 gennaio 2012

Lettera al Presidente Vendola.

 Caro Presidente Vendola,
Le scrive una studentessa al secondo anno di giurisprudenza.
Mi perdoni se non utilizzo formule quali Egregio Signor Presidente,o gentile signor Nichi Vendola.
Le parlerò come si parla a un amico, a cui non si è mai stanchi di fare domande,con il quale appare superfluo perdersi nei convenevoli.
Ho 20 anni e vivo a Bari da sempre.
Non ho mai nutrito un amore smisurato per questa città.
Spero di riuscire a laurearmi presto, per andare alla ricerca di un posto migliore.
E' una cosa molto brutta da dire alla propria terra, ma vede , l'aria che si respira qui si fa sempre più cupa,inquinata, più insopportabile.
Lungi da me il voler fare dell'inutile e sterile retorica,ma ci pensa mai ai tempi in cui era studente anche lei?
Un periodo che dovrebbe essere il più bello di tutti, pieno si speranze e di sogni, di idee e di progetti.
Ecco lei parla spesso di idee e di giovani.
Io stessa credo che essere creativi e pieni di idee rappresenti senz'altro un ottimo investimento su sè stessi.
In un'epoca in cui almeno apparentemente, tutto è già scritto e tutto è già stato fatto, questa può essere l'unica risposta concreta.
Dove nascono queste idee?Dove crescono, si formano  per poi schiudere le ali ed elevarsi in volo?
Di certo in luoghi dove esse possono ancora fiorire e germogliare serene , senza che a qualcuno venga in mente di sradicarne i bulbi o potarne gli steli.
Nelle Università per esempio.
Da assidua frequentatrice di quelle aule posso affermare che diventa ogni giorno più duro e difficile vivere l'università come un luogo di crescita e di formazione dove oltre ad apprendere, si impara  a pensare con la propria testa, e non come un arido surrogato del liceo in cui ci si reca per dare gli esami e per fare il proprio dovere di studente.
Molti miei amici hanno deciso di frequentare l'università al nord, sebbene il corso di laurea da loro scelto sia presente anche nell'offerta formativa del nostro ateneo.
Mi capita spesso di andarli a trovare lì,e ogni volta che torno a casa mi piange il cuore.
Hanno parole durissime per il sud, per la Puglia:non tanto per le aule sovraffollate e le strutture fatiscenti, quanto per la terribile desolazione che il lavoro riserva loro qui.
C'è chi riduce tutto a una mera questione di fondi;c'è qualcosa di ben più grande tra questi corridoi,c'è la paura  di vedere andare in frantumi anni e anni di sacrifici, di vedere i propri sogni in poltiglia, la paura d'esser discriminati in quanto laureati in una università del sud.
So che quest'ultima cosa sembra assurda, però esiste.
C' è la paura del futuro.
Da studentessa io mi sento tradita, abbandonata, discriminata.
Io credo che non si finisca mai di essere studente; c'è sempre qualcosa che vale la pena imparare, per cui è necessario mettersi (s)comodi  a passare la notte su un libro.
A fronte dei suoi innumerevoli impegni, la esorto a farsi un giretto nei corridoi della facoltà di giurisprudenza.
Non le rivolgo una predica, ma un semplice invito.
Non chiedo la luna, ma una presa d'atto di una situazione ormai insostenibile e demoralizzante, con cui Lei in quanto studente,per rispetto verso i giovani che come me l'hanno votata ha il dovere morale di fare i conti.
In attesa di un suo cordiale riscontro, Le porgo i miei più sentiti omaggi.



                                                                                          Una studentessa

lunedì 19 dicembre 2011

LA NUOVA GENERAZIONE & " MAFIOSITA' "


Vivo nella ferma convinzione che la mia sia una generazione “dannata”, non tanto per le insistenti crisi economiche e la mancanza di prospettive lavorative, dovuta a un mercato sempre più ridotto e spietato, ma in quanto si è persa la consapevolezza civile del ruolo dei giovani all’interno della società. Essi dovrebbero rappresentare la base sulla quale lo Stato può svilupparsi in altezza e tendere ad un continuo miglioramento qualitativo attraverso nuove idee ed entusiasmi. E’ frustrante accorgersi di come le potenzialità dell’ultima generazione vengano soffocate, deviate da un sistema omologato e massificatore, per certi versi voluto. La mancanza di spessore culturale ed ideologico dell’attuale classe dirigente, l’uso strumentale e stereotipato dei mass media tendente alla spettacolarizzazione delle problematiche del paese,  concorrono a desensibilizzare i nuovi cittadini portandoli o ad un approccio superficiale e improduttivo che non porta ad analizzare l’origine di un problema ma solo a lamentarne gli effetti o peggio ancora, all’indifferenza e alla passività. Ritengo che sia compito del cittadino responsabile spingersi oltre le apparenze, oltre la “verità” che un sistema politico, percepito affarista e convenzionato, cerca di imporgli per mezzo del monopolio dei mezzi di comunicazione. Si deve cercare l’informazione e non subirla, per far si che la  democrazia non arrivi trasformarsi in un “trionfo della mediocrità”.
E’ necessario recuperare (promuovendo la cultura, l’educazione civica e la presenza costante delle istituzioni) una sensibilità che sembra persa, risvegliare una coscienza civile dal torpore del qualunquismo, provare indignazione e vergogna contro tutto ciò che è sbagliato e che inquina il contesto in cui il cittadino si forma.
Lo stato italiano da sempre convive con una patologia che sembra inestirpabile: il fenomeno mafioso. Una presenza così capillare sul territorio da contaminarne le istituzioni, fino a indurre esponenti politici di primo piano ad affermarne la non esistenza. Solo attraverso un’estenuante battaglia decennale si è giunti a comprenderne le radici, i meccanismi, le basi economiche, i retroscena politici. Nonostante tutto, troppi dei delitti compiuti per mano mafiosa non hanno mai trovato chiarezza, abbandonati a un graduale insabbiamento da parte dell’opinione pubblica “controllata”, di fronte all’impotenza della magistratura e ai drammatici sospetti sulla complicità delle istituzioni. Così quel cittadino che non vive sulla propria pelle il problema, istintivamente sarà portato a ignorarlo, a considerarlo un “fatto di televisione”, mentre il cittadino che subisce la mafia in via diretta viene lasciato solo, nell’indifferenza generale. E chi la combatte spesso è lasciato solo. L’indifferenza è forse l’arma più potente della mafia.
L’eccidio di Portella delle ginestre  è sicuramente uno degli esempi più eclatanti di come fin dal primissimo dopoguerra l’italia, come società civile, abbia dovuto far fronte a gravissimi atti criminali a fini sovversivi e intimidatori nei confronti di un sistema neonato e fragile nelle fondamenta. Un sistema debole che ha ceduto troppo facilmente all’infiltrazione mafiosa in tutti i livelli amministrativi, nonostante i clamorosi arresti e gli improvvisi scandali che in più occasioni hanno colpito al cuore della politica italiana. E’ solo la scalfittura della punta di un iceberg.
La strage di Portella delle ginestre, avvenuta simbolicamente il 1 maggio,  assunse nel corso degli anni una gravità sempre maggiore in quanto, man mano che proseguivano le indagini (anche dopo il processo di Viterbo), ci si rese conto della parte attiva svolta dallo Stato, forse addirittura il mandante che aveva armato gli uomini di Giuliano, esecutori della strage. Ipotesi altrettanto agghiaccianti vorrebbero la partecipazione dei servizi segreti americani, dei MAS, degli agrari siciliani e dei mafiosi sotto il tacito consenso dello Stato. Le morti misteriose e irrisolte di Giuliano e del suo luogotenente Pisciotta, le innumerevoli accuse e smentite, la poca linearità con cui fu condotto il processo, contribuirono a creare ulteriori ombre sul ruolo che le istituzioni ricoprirono in tale vicenda. E’ indubbio che Portella delle ginestre non sia stato nè il primo né l’ultimo attentato alla società civile: molti altri ne sono seguiti di stampo terroristico, mafioso e ideologico. Ma per quanto possa essere diversa la matrice e il “movente” di tali atti criminali, resta, senza soluzione, la stessa e pungente domanda: lo Stato dov’era?
Personalmente ritengo che non sia in questi termini la questione da porsi. Non si tratta di capire quale sia la reale entità dello Stato sul territorio ma quale sia l’identità con la quale si manifesta al cittadino. Lo Stato presenta due anime antagoniste: da un lato lo “Stato delle Poltrone” affarista e corrotto dai compromessi e dalle convenienze, soggiogato al conflitto d’interesse e alle lobbies, dall’altro lo “Stato d’Azione” dedito all’impegno civile e dei valori etici, del lavoro e della lotta alla criminalità, che si erge difesa dei diritti e delle libertà costituzionali. Per far sì che l’anima “buona”  prevarichi sull’altra è indispensabile l’inizio di una nuova cultura politica che miri alla responsabilizzazione del cittadino, una pratica di governo che si fondi su virtù pubbliche e non su vizi privati, che sia al servizio del cittadino e non mercenaria. La nuova generazione, di cui mi sento parte, ha bisogno di modelli comportamentali ai quali ispirarsi, personalità e non personaggi che diano il classico “buon esempio” e che permettano di far recuperare una credibilità e sicurezza della classe dirigente che sembrano da troppo tempo smarrite. La storia drammatica della nostra Repubblica non deve essere lasciata sui libri riducendosi ad un arricchimento fine a se stesso, ma deve costituire le fondamenta sulle quali si può e  si deve costruire un’identità, una cultura personale dal forte spirito critico che abbia un uso strumentale ma nobile, affinché possa essere utilizzata come cura contro l’ignoranza e l’apatia, i primi sintomi di un modo di fare “mafioso” che, visti i tempi che corrono, è considerato una comodità e non condannato.

mercoledì 14 dicembre 2011

Verde di speranza e di mappamondo.

La strage di Firenze.
Ne hanno parlato tutti.
Sappiamo tutti cosa è successo, tutti siamo ancora con gli occhi sgranati,increduli.
Come è stato possibile, cosa c'è dietro.
Il razzismo, l'odio, l'intolleranza, l'estremismo,il fanatismo, la follia.
C'è una cosa di cui pochissimi hanno scritto e parlato.
Come ha dormito stanotte Firenze?
Come si è svegliata,con quali angosce , con quali pensieri.
Bella, ,impermeabile alla foga del tempo, pare non invecchiar mai.
Firenze ha un cuore grande.
Dubito che in altre parti d'Italia la gente avrebbe chiuso bottega per degli stranieri, degli immigrati, degli extracomunitari morti per mano di un folle, di un malato di mente,complice un caso bastardo.
Immigrati, stranieri, questa parola ci riempie la bocca e ci svuota il cervello.
Stretti nei nostri bei cappotti neri o blu  ci scapicolliamo in chiesa in tempo per l.a messa la domenica mattina, indossando da sotto le nostre camicie e gioielli migliori facendo attenzione a varcare la soglia prima dell'ultimo rintocco della campana.
Entriamo e salutiamo gli amici ,baciamo la fronte ai bambini ,ci scambiamo il segno di pace con chicchessia senza nemmeno guardarlo negli occhi , perchè per le mani c'è l'amuchina o il sapone , per gli occhi ahimè niente di tutto questo.
Guardiamo il crocifisso, ci alziamo per l'omelia e lentamente la predica del sacerdote ci scivola addosso come un velluto, come un vestito di seta nuovo di zecca.Si infila dappertutto, nelle pieghe dei nostri vestiti,nelle , nelle tasche del nostro bel soprabito blu o nero.
Sale fin su per le narici fino ai nostri capelli ma nella nostra testa tutti i cancelli, tutte le porte sono serrate.
La predica trapassa leggiadra il fondotinta e si impossessa dei nostri pori ,poi scende giù e senza incertezze sfonda  la dura suola delle nostre scarpe, scioglie i lacci e si acquatta lì, innocente ed immobile fino alla domenica successiva.
Le parole della Bibbia proferite abitualmente da un prete stanco e senza inventiva giacciono lì, calpestate e assopite,asfissiate da un sudore che non risparmia neanche i sassolini.
Nemmeno le sentiamo più agitarsi e divincolarsi sotto le nostre dita.
Poi il prete dice : andate in pace " e la messa è finita.
Ci affrettiamo ad uscire dalla chiesa: la nostra domenica con gli amici ci aspetta.
Dio diceva di amare il prossimo.
Non specificava se bianco o giallo, rosso o nero.
Dio diceva che solo l'amore ci può salvare.
In una giornata di lutto e indignazione  una cosa così piccola  ma tanto significativa può tuttavia risollevarci il morale.
I cittadini di Firenze.
Quei commercianti, fiorai, panettieri che sebbene ci sia la crisi, si debba andare in pensione più tardi, sia periodo di regali, oggi hanno chiuso bottega per lutto.
Mi vengono in mente altri luoghi della nostra bellissima Italia, troppo vicini  o troppo lontani in cui quasi nessuno avrebbe fatto lo stesso; persone  per  cui la vita di 2 senegalesi non vale neanche la metà di una giornata di lavoro.

 C'è chi vede la storia tutta al contrario,ma d'altronde  diceva  Nietschze, non esistono fatti ma solo interpretazioni.
C'è chi si autodefinisce un popolo che lotta per l'autodeterminazione,contro gli sprechi e le ingiustizie di Roma ladrona.
Il "popolo" dei raduni  color verde acido dove si sprecano  cori razzisti contro quei meridionali  che hanno creato la mafia,quelle  scimmie sottosviluppate,quelle sanguisughe assatanate che hanno aspirato fino all'ultima goccia del loro sudore .
Il Sud , questo fardello insostenibile.
Mi domando se queste persone di fronte a queste immagini, di fronte alle dichiarazioni degli stessi fiorentini, alla compostezza, al riguardo esemplare della comunità senegalese si siano fatti qualche domanda.
Mi chiedo se dopo aver letto i giornali( voglio essere ottimista) o ascoltato la radio queste persone abbiano aperto l'armadio  e guardato per un istante il loro cappellino, il loro fazzoletto o la propria bandiera.
Non bruciato, tagliato o accartocciato.Solo guardato.
Dicono che il verde sia il colore della speranza.
Io voglio ancora averne tanta, voglio ancora sperare che qualche neurone possa  ancora rigenerarsi.
Voglio poter credere che quel verde acido tanto glamour   quanto antipatico, diventi un colore bello come gli altri.
Voglio che quel verde diventi  uno dei colori del  mappamondo insieme al giallo, al marrone e all'azzurro, voglio che sia il colore  dell'erba fresca di rugiada, delle chiome degli alberi al'inizio di maggio.

Non basta un solo colore a  far la bandiera di un popolo vero.
Ne servono almeno 2.
O 3 ,il che è ancora meglio.
Da solo  quel verde acido  fallisce in toto  il suo  miserabile tentativo di comunicare un'identità.:  in compenso ricorda  (sol)tanto stuoli  impazziti di cappellini e  di quadrifogli appuntiti, , feste di tricolori bruciati e di miss dai capelli resistenti alla nebbia.
C'è chi potrebbe ribattere che dietro un colore si nascondono mille cose: un'ideologia, una cultura,una visione del mondo, persino un programma politico, azzarderebbe qualcuno.
L'ideologia,pace all'anima sua ha abbandonato da tempo gli scenari della politica; e un colore ,qualunque esso sia rimane pur sempre un colore.Che sbiadisce con i raggi del sole e i lavaggi del tempo,che prima o poi passa di moda e finisce nell'immondizia o nei contenitori della parrocchia,assieme a bandiere strappate,cappellini bucati e maglioni verdi infeltriti.